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Sangue del tuo sangue

by Requiem for Paola P.

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1.
Dieci le cose che non ritrovo, nove i monaci tibetani all'uscio, otto le corone di un impero mai morto, son sette i cani che mordono il mio calcagno, sei gli alberi da frutta dai quali hai tolto tutti i benefici del dubbio. Cinque i patti tra un furbo e un ladro, sono quattro le teste di porco dentro il tuo letto, tre come il dolore che conservo, Due: il lutto. Ne bastò uno, per fottere Gesù Cristo. E tu che avevi ancora il mio nome, Tu allora… che dovrei dire? Tu avevi solo ragione. E tu allora, poi, che dovrei fare?
2.
Non siamo immuni: a mani in alto, coscienti, incolumi, gonfi nel risultato. Goditi il digiuno, non esser schiavo. Esser tristi è un lusso ormai di pochi, sei tra quelli che han capito? Spegni ormai le luci, sei già bersaglio. Nel buio chi asciuga il sudore dalle pagine di un libro? Ho pregato per un'altra strage, il sabato sera; l'ho fatto con le scarpe piene e la testa vuota per vedermi ancora vivo la domenica mattina, sentirti respirare ancora almeno un'ora. Il problema è che han costruito case troppo alte, dove c'era quel muro, giuro, non c'era niente! Nelle ore bruciate: i nostri occhi per un temporale. Nelle mie mani di sangue, quando aspettavo soltanto l'estate. Ho incastrato il silenzio. L'ho preso di soppiatto. Riusciranno le tue di gambe a sopportar tutto questo entusiasmo? Ho incastrato il silenzio. Il vuoto fu d'un tratto. Riusciranno le tue d'orecchie a sopportar tutto questo disastro? E che cosa ricordi dei tuoi nonni? Delle autobombe, i vetri infranti? Cosa vorresti io ti portassi da questa strada dove non ci sono che pietre e santi? Che cosa ricordi di questi complotti? Di questo fare le cose male, nascondendo i fatti? A che cosa vorresti io rinunciassi, mentre nel fiume tu anneghi dispiaceri distratti? E non dovresti preoccuparti degli elefanti in mezzo ai cristalli; da perder non avremo che i nostri, di occhi. Di queste mani che non son fatte per i lavori più sporchi; nell'aumentare dell'acqua lo scioglimento dei ghiacci. Tutte memorie da bar di paese. Tutto questo volersi bene senza dichiarare l'amore. Nel tuo dare: le pretese dell'avere. Noi. Sparire qui, come acqua dal Sole.
3.
I rami oltre 04:22
Tu non lo sai, han rami grandi quanto noi! Non sono gli alberi a raccontarti, non sono loro quello da cui tu discendi. Non sono morti i nostri sogni, e salendo fin lassù ne hai fatto carne e viscere. Radici non ne ho. Chi lascia fuori il cane sceglie un maiale da divano, non ti annoierò.... Ci son leoni davanti agli aranceti tuoi. Non stan furfanti qua, nessun imbroglio. Io li vedrei. Ed i tuoi occhi leggono il buio dove inciamperai. Terra selvaggia, terra megera, riprendi ciò che vuoi. Lascia quella parte di te in cucina. C'è un'onda bassa nella tua testa, in un attimo è deriva. Tutto ciò che scorre non lascia forma alcuna: gli anni migliori a far di calcolo fino a tarda sera. Radici non ne ho. Chi lascia fuori il cane sceglie un maiale da divano, non ti annoierò con autostrade stanche in direzione mare!
4.
Quando la cupa avvolge la tua vita, mi sali sulle spalle, godendo la vallata. A ben vedere, chi dice sia già finita in fondo aspetta ancora il seguito della puntata. Di là nient'altro che pasticceria francese: torte di teste che mastican senza fame. E l'inquietudine che avevi nel camminare, la stessa che ti avvolgeva appena prima di dormire: i movimenti senza grazia di un airone, di chi è salito trenta piani e ancor non vede bene. E la fiducia calda e piatta di vetro al Sole, la stessa che ti inghiottiva mentre eri intendo ad ammirare il volo basso di un airone, di chi cerca solo il suo posto, e vuole riposare. Ed è subito pioggia qua, che ferma la Guerra. Quanti problemi a digerire! Mani che non si toccan neanche! Sei un orologio, il suo scorrer lento. Attendi quanto basta: sei sicuro di vederlo. Seduto in una botte il tuo mal di testa; eri certo della bruma, eri certo della nebbia, eri certo della strada sebbene fosse stretta, di essere a capo della banda che suona a festa. E ordinato un gagà nella tormenta: tiene la testa alta, ostenta sicurezza, Il suo sguardo calmo, la sua eleganza superiore al tuo di affanno, alla cattiveria. Contavi nuvole passare basse tra le tue tempie, di scarpe rotte il presente. In una piazza, gli sguardi addosso all'istante. Ti tagliasti subito raccogliendo sogni sul marciapiede, nel buio sorda la voce: Duemila volte Hagnós! E tu, Grande Ossuto Ignaro, ti domandavi di Copernico, eri in un cespuglio vicinissimo, come hai potuto non evitarlo? E tu, Grande Ossuto Ignaro, ti domandavi di Copernico, Eri in un cespuglio vicinissimo, come hai potuto non salvarlo? Nel buio sorda la voce! Hagnós.
5.
Tutti questi piccoli cavalli ragionano di Algebra. Confondono monomi e d'Europa le capitali, pretendono sia io che dia loro la risposta. Tutti quanti i loro occhi stanchi fuggono in preda al panico, spaventati dal tuo insistente voler essere in centro al loro disegno. Di tutti i regni inesplorati, questo è certo il più stupido se siam costretti ad abolire il giorno di festa, mangiandoci come scimmie il cervello a vicenda. E tutti noi, che siamo qui seduti ed educati ad osservarti mentre affoghi, ci siam già venduti casa, dimenticati di qualcuno, la fatica, col solo bisogno di sparare al prossimo mostro. Tutti intorno a me camminano, ignorandosi in gran fretta. Non ci si abitua mai al sangue versato a pranzo, la domenica. Tutto, dentro me, si guarda intorno e si chiede: cosa resta di tutti questi piccoli cavalli senza testa?
6.
Cosparso il capo di cenere, chiesto lumi alla polvere, ma nessuna risposta. Mi son lasciato attendere, lasciato fogli e pastelli nel cassetto in altro a destra. Abbandonato questa città, ho abbracciato il buio, ma nessuno alzò la testa. Ho fatto un salto nel tuo aldilà, nessuno mai ti aveva insegnato il fascino discreto della protesta. Si pranza a mezzogiorno, e tu lì a perderti nei boschi! Guardando prender fuoco con le mie ali i vostri giudizi e mani sporche d'olio toccar tra i miei armadi. Per nascondere l'inverno avete seppellito i guanti giù in giardino, nel blu profondo, nel costato di Dio pugnali! E senza in bocca un soldo al recupero mi implorasti. Chi resta qui, dove non c'è niente da fingere, né vuoti a perdere? C'è uno che alza le braccia, ma non si arrende. Chi resta qui, dove non c'è niente da vincere, né vuoti a rendere? C'è uno che mette la faccia, e ancora ci crede. E tu che avevi attraversato la foresta, del resto questo ti basta, ma non avevi badato ai taglialegna od alla strada maestra. Allora cosa ti costa, anche nel dì di festa, scendere in piazza con gli altri e fare la cosa giusta? E mamma che diceva: “Attento al temporale! Non si sa mai in quale buco cadere”. Tutto è finito bene. Che mese strano Maggio per morire! In questa guerra dove con le stesse mani si fanno i figli ed i milioni, son stati i lupi ad allevarci. A loro certo non devo ragioni. "Tu che cazzo sei venuto, sei venuto via dal mare? Tu che cazzo sei venuto, sei venuto via dal mare? Che bel fresco in riva stare, che ti frega di uno che si voleva rimbambire?" Chi resta qui, dove non c'è niente da fingere, né vuoti a perdere? C'è uno che alza le braccia, ma non si arrende. Chi resta qui, dove non c'è niente da vincere, né vuoti a rendere? C'è uno che mette la faccia, e ancora ci crede.
7.
D'anime e d'animali, questa sete è un vizio per stomaci forti un peccato mortale invocare rosari. Le campane intonano futuri spietati, la mattina era pronta a raggelare i tuoi più vaghi stupori. Dimmi come riesci a sollevarti, lì dove si arenano tutti? Dimmi come riesci a sollevarti, lì dove? D'anime e d'animali, altro non era restato che raccoglierci in bar clandestini. Per sentenziare forse è meglio domani, oggi son tutti distratti dalla stanca parata. Miserabili attori! Dimmi come riesci a sollevarti, lì dove si arenano tutti? Dimmi come riesci a sollevarti, lì dove? Mi dici hai trovato una libertà a senso unico, hai trovato una causa per colmare il tuo debito; che sei stato tra bisce a bagnarti le ossa, e non può esser un fosso a sancire una colpa. Né sterpi, né rovi, né rospi o mano contratta. Riprender la vita con schiena spezzata. E tu soffice… seppur soffice… Seppur soffice, si posa come ferro su di me quest'incredibile livore, che a vedersi poi, in fondo, non è neanche così male.
8.
Adesso che ho perso una costola, guardo fisso il cimitero da cui spunto dalla terra. Ho perso l'innocenza con un pugno in pancia, poi sconfitto e lasciato in un parcheggio tra ferro e plastica. Ma tu: niente da dire, tu che ancora non sai come si sta. E tu: niente da fare, tu che guardi e dici “alla nostra età…”. Con la testa in due scarpe, due cappelli in un piede, avevi un ombrello, oggetto atipico nel sole di luglio. Dove sono i tempi degli oracoli? Dove sono i tempi dei miei demoni? Le passeggiate davanti ai carri armati… Dove sono i tempi degli sgomberi? In scantinati chiusi da un secolo, dove ad Eulero Venn è esploso il fegato; in un contenitore fin troppo piccolo: il limite di me. Che lingua parlano, dove ho rinchiuso te?
9.
Muoverei un po' il fondo per ritrovarci certe cose: sassi lasciati tempo fa insieme al mio marcire, dove comincia il confine tra chi ha generato l'errore e chi il suo male? Se fosse il tempo lo potresti trovare solo spostando certe carte. E quel tempo che non hai vissuto bene, lo stesso che nessuno mai ti potrà ridare, mentre stai in fila fai a pugni con decine di persone, sono le stesse alle quali verrà facile dimenticare. Il fiume è nero ormai tra palazzi, cemento e cavalcavia, la ferrovia col suo carico di noia. Con tutto l'oro addosso, i rimorsi tuoi… Con quel maglione giallo, l'acqua intorno al collo te, avevi tutti i miei perché. Ora li hai chiusi in una stanza. Con quel maglione giallo, l'acqua intorno al collo te, avevi tutti quanti i miei se, ora li hai messi sotto terra Oh curioso sbirciar sotto l'acqua!di ferro e carbon costruirsi una nuova coscienza. Oh curvo, una serpe tra l'erba! Tornando sulla scena del delitto con l'abito nuovo e la barba fatta. Con quel maglione giallo, l'acqua intorno al collo te, avevi tutti i miei perché. Ora li hai chiusi in una stanza. Con quel maglione giallo, l'acqua intorno al collo te, avevi tutti quanti i miei se, ora li hai messi sotto terra
10.
Oh tappeti di foglie! Coi piedi sprofondi in aiuole. Chi ha lasciato lì il suo seme? Chi lo raccoglie, chi ne gioverà? Tirando sassi in uno stagno, nascondevi nel taschino un uragano; scommettevi di battaglie navali in laghi di montagna. Goffe anatre nel cielo, teste che fumano manco un camino, il panorama è tale nel dettaglio, hai detto troppo presto: conosco il tuo prossimo passo O popolo stremato, che vuoi che sia? Pranza, ti inghiotte stanca la tua terza vita il tempo passato ad inseguirla, alzandosi all'alba, cercando una meta. Fuori da quei cancelli seminavi la pena di tornare a casa, chiuder fuori la rovina, far di pochi metri la distanza sicura. E che dire di quei vascelli in fondo al mare? Dentro le stive forzieri di occidentale sapere. Occhio di Lince! Occhio di Falco! Seduto sul cassero non puoi non vedere! Nel parco dove giocando si è rotto lo specchio, dove ho sporcato le scarpe tra i palazzi in cemento, dove è cresciuto un sospetto: dapprima così piccolo e pacifico, poi con fauci da mostro. Ecco i flutti e le onde: la chiglia non può più fermare! Ecco l'acqua, l'abisso infernale mentre sale le scale, sommerge i tuoi mobili, e ti coglie in ciabatte. Pranza, ti inghiotte stanca la tua terza vita il tempo passato ad inseguirla, alzandosi all'alba, cercando una meta. Fuori da quei cancelli seminavi la pena di tornare a casa, chiuder fuori la rovina, far di pochi metri la distanza sicura. E quelli che avevano scelto le onde alla pianura, quelli ingannano il tempo aspettando la resa perché troppo arduo sudarne una propria.

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released April 16, 2016

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Requiem for Paola P. Bergamo, Italy

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